
L’intervento del presidente Monica Giorgi durante l’evento online organizzato dalla senatrice Bruna Angela Piarulli
“Il sistema di rappresentanza attuale non si è rivelato uno strumento adeguato anche in materia di pari opportunità. Non vi sono dubbi sul fatto che il sistema esistente debba essere superato. Ad oggi, nel COCER carabinieri, organo CENTRALE a carattere nazionale in rappresentanza del personale dell’Arma dei Carabinieri, non è mai stata eletta una donna, e questo a ormai vent’anni dall’ingresso del personale femminile nelle FFAA. Questo la dice lunga sull’interesse che ha potuto avere la rappresentanza militare in questi anni su certe tematiche” – commenta il presidente del Nuovo Sindacato Carabinieri, Monica Giorgi.
“Laddove si deve scegliere e decidere per il futuro di tutti non è pensabile che non vi siano donne. E questo i sindacati militari finalmente lo hanno compreso. È importante dare voce anche alle donne. La presenza femminile è importante. Bisogna ragionare, riflettere, imporsi e proporsi, e per fortuna siamo sempre di più ad acquisire consapevolezza in questo senso” – prosegue la Giorgi.
Cos’è previsto per i militari in materia di pari opportunità? “A livello di Stato Maggiore Difesa, sono stati costituiti nel 2012 la sezione “Pari opportunità e prospettiva di genere” e nel 2014, come organismo consultivo del Capo di SMD, il “Consiglio interforze sulla prospettiva di genere”. Entrambi questi enti sono “gestiti”, se così si può dire, dal datore di lavoro. Nelle PA, tuttavia, esistono organi nei quali c’è un bilanciamento delle forze e questi organi sono i Comitati Unici di Garanzia, detti anche CUG, nati per tutelare il personale da ogni forma di discriminazione. Questi comitati sono organi paritetici composti da rappresentanti nominati dalle organizzazioni sindacali e da un pari numero di rappresentanti dell’amministrazione – spiega il presidente Nsc – Un CUG Difesa esiste ma destinatario della sua azione è solo il personale civile del Ministero della Difesa. L’augurio è quello che con l’entrata in vigore della legge che regolerà il funzionamento dei sindacati militari possa essere garantita una tutela di questo tipo, a più ampio spettro, anche per il personale con le stellette”.
Il potenziale che i sindacati militari portano con sé è quello di fungere da veicoli di cambiamento culturale, attraverso la tutela dei diritti del personale da ogni forma di discriminazione.
“Il silenzio, soprattutto quello di molte colleghe, non equivale ad un’assenza di situazioni di criticità. E alla radice delle problematiche che mi vengono rappresentate, c’è sempre una questione culturale. Accettare le donne (ma posso dire lo stesso per le colleghe ed i colleghi con diverso orientamento sessuale) non vuol dire soltanto farle entrare fisicamente. Vuol dire anche accogliere una componente culturale diversa. C’è tutto un adattamento individuale ancora in corso, soprattutto tra il personale con più anni di servizio. Un adattamento inteso come sforzo ad agire ed accogliere le donne, soggetti per alcuni ancora sconosciuti a livello lavorativo e conosciuti solo attraverso la propria esperienza familiare – afferma Monica Giorgi – È inutile negare che per molti, ancora oggi, la figura materna, quella delle mogli, delle figlie, sono i modelli femminili con i quali questi colleghi stabiliscono un rapporto idealizzato di protezione. Passare da questa profonda introiezione di ruoli, all’idea che una donna possa essere il proprio capo pattuglia, il proprio comandante di stazione, di compagnia, per alcuni è stato ed è ancora un processo che richiede uno sforzo. Figuriamoci per coloro che fanno parte di realtà di più alto profilo operativo, ritenute per antonomasia contesti più virili, “da maschi”: per esempio i battaglioni. Lì non è presente personale femminile (mentre in Polizia dal 2018 le donne sono presenti nei Reparti Mobili ovvero la celere). In altri contesti, reparti dove sono presenti centinaia di uomini, in vent’anni è riuscita ad accedervi solo una donna. Va da sé che questo finisce per farla essa inevitabilmente di troppo”.
E prosegue: “Una categoria che invece ha nettamente avuto la sensazione di aver fatto “un passo indietro”, è quella delle colleghe Forestali, nate “sindacalizzate” in un contesto “sindacalizzato che che permetteva loro, senza dubbio, una maggiore emancipazione.
E ancora, la questione maternità, nel 2000 da molti ritenuta un elemento inconciliabile con la carriera militare. Ancora oggi, difficilmente sentiamo discutere il problema della compatibilità della paternità con la carriera militare, mentre lo stesso problema declinato al femminile è spesso oggetto di discussione. Non solo: per alcuni è ritenuto ancora, inconciliabile con incarichi di comando. E c’è ancora chi vede la maternità alla stregua di una malattia. Forse sarebbe l’ora di iniziare a considerare non solo l’elemento “maternità”, ma anche l’elemento “paternità”, perché pari opportunità significa ruolo attivo per entrambi i genitori nella gestione del nucleo familiare, fattore in grado di contribuire al benessere del personale ed al miglioramento della qualità della vita dei Carabinieri. Le pari opportunità costituiscono un forte ed importante fattore di innovazione e di sviluppo che i sindacati militari, nel 2020, non possono esimersi dal veicolare. Questo, non perché le donne hanno una marcia in più ma perché hanno una visione, una prospettiva diversa rispetto a quella dell’uomo. Il pensiero personale, basato sulla mia esperienza, è che i risvolti di una crescita culturale in questo senso possono avere ripercussioni positive non solo sul benessere del personale, ma anche sul servizio reso al cittadino: ricordiamoci che i Carabinieri, in particolare, quotidianamente si interfacciano con vittime di violenza di genere. L’azione positiva dei sindacati militari, in questo senso, favorirebbe un processo culturale di cambiamento, non limitando l’intervento dell’operatore di p.g. al singolo episodio di discriminazione (ovviamente determinante per mettere in sicurezza la vittima), ma portandolo anche ad interrogarsi sulle cause dello stesso, del perché si verifica la discriminazione, la prevaricazione, la disparità di trattamento“.
Oggi è una donna a portare avanti una legge sulla sindacalizzazione militare per un contesto ancora prevalentemente maschile. “La Senatrice Piarulli dimostra di avere lungimiranza in una tematica così delicata e strettamente legata alla qualità della vita di noi militari. I contenuti da lei portati avanti sono senza dubbio più aderenti a quanto previsto dai trattati internazionali e dalla nostra Costituzione. Siamo militari, sindacalizzarci non significa che verremo meno ai doveri previsti dal nostro giuramento” – conclude il presidente Giorgi.